domenica 6 marzo 2011

Bennelong's Beach? no...Collins Beach!


Ieri pomeriggio mi trovavo a Collins Beach, una delle spiagge piu' belle di Manly.
Un angolo di paradiso incantato: vegetazione tropicale, acqua cristallina e calda, rocce rosse e di varie sfumature, cascate, ostriche e pinguini (i rari e piccoli pinguini in pericolo di estinzione della zona).

Ho deciso di andarci con Christina, la mia amica tedesca interessata anche lei al mondo degli Aborigeni.

Ci sediamo e inizio il mio racconto:
``questo luogo, piu' di duecento anni fa, era un luogo sacro aborigeno. Luogo di cerimonie, luogo di assoluta importanza spirituale e culturale. La bellezza della spiaggia ci fa capire perche' gli Aborigeni lo avessero scelto.
Questo luogo, nel 1790 fu anche teatro di un attacco aborigeno al governatore britannico dell'epoca, Phillips.
Il governatore infatti, venuto per ristabilire relazioni amichevoli con quello che poteva essere riconosciuto come il primo diplomatico aborigeno della storia, Bennelong, fu colpito da una lancia Aborigina che lo feri' gravemnte.
Si trattava di un attacco unicamente volto al ferimento del governatore (gli storici avrebbero poi sancito nei secoli successivi) in quanto attraverso quella lancia la comunita' di Bennelong intendeva solo punire secondo il diritto aborigeno l'intrusione contraria alle loro regole in una terra sacra: Collins beach appunto.
Ci troviamo in una terra sacra, che ha segnata l'inizio della storia delle questioni legali sulla terra in Australia, e nessuno lo sa``.

In Australia, nessuno sa niente della storia degli aborigeni, dei primi australiani come molti qui li chiamano. Non si conoscono gli eroi dei primi contatti (Bennelong appunto e' certamente uno di loro).
Come afferma il mio amico Uncle Dootch, qui e' stato commesso un genocidio, la cultura aborigena e' stata spazzata, cancellata dalla storia.

E allora ieri, non potevo che ripensare ancora una volta allo scorrere del tempo secondo gli aborigeni (non lineare), quando una fiumana di persone ha invaso quella spiaggia sacra riempiendola di materassini e reti da beach volley. Proprio la' dove Governor Phillip molto probabilmente venne ferito dalla lancia, e la' dove Bennelong stava in piedi fiero di fronte al suo avversaro ferito.
L'acqua ad un certo punto si e' riempita di turisti e dei loro materassini, uno dei quali non era altro che una donna gonfiabile. L'apoteosi si e' realizzata quando con un piccolo motoscafo un big jim australiano ha fatto il suo ingresso: cappellino, capelli lunghi biondi e fisico da surfista. L'ancora a riva, e tutti da lui per comprare gelati e cappuccini: l'ultima evoluzione dei vu cumpra' delle spiagge italiane.
L'ancora affonda nel fondale marino, proprio dove 221 anni fa, l'ancora dell'imbarcazione del governatore Phillip affondava a sua volta.
A scendere all'epoca era un governatore, a cui andarono incontro aborigeni armati senza sapere che piu' di due secoli dopo, un pronipote di Phillip avrebbe potuto vendere gelati e cappuccini ad uono stuolo di turisti ignavi su quella che era terra di cerimonie e spiriti.

Questa una volta era la spiaggia di Bennelong.

Sincerely yours,

Saggioman

mercoledì 2 marzo 2011

Father and Son...all'Ambasciata Aborigena



Il tempo per gli Aborigeni non e' lineare, ci penso da giorni.

Ricordo quanto mi pesasse da ragazzino, fino a qualche anno fa a dire il vero, andare a lavorare con mio padre in cantiere. Pensavo fosse una cosa terribilmente faticosa e noiosa.
In questi mesi in cui ho avuto l'opportunita' di visitare l'Aboriginal Tent Embassy, ho capito finalmente quanto importante fosse l'aver condiviso con mio padre tutti quei lunghi momenti.
Moltissime cose accadute al Sandon Point infatti avevano un aggancio con qualche episodio del passato che mio padre mi aveva raccontato.
Su tutti, il rapporto con la natura rappresentato da una solida conoscenza delle piante commestibili, ornamentali, medicali o utilizzabili per estrarne sapone o profumi.
Uncle Dootch me ne ha sempre parlato, e io gli rispondevo che mio padre, durante la sua infanzia in Sicilia, conosceva perfettamente l'importanza e l'utilita' delle piante e dell'ambiente.
Sicilia e Aborigeni a confronto...incredibile no?
Camminare scalzi per chilometri, lavarsi nei corsi d'acqua naturali, vivere in baracche o in stalle; tutte cose fatte anche da mio padre nella sua infanzia.
Nei mesi precedenti le lunghe chiacchierate con Uncle Dootch hanno prestato il fianco a molte riflessioni introspettive, tra cui una e' senza dubbio: il mio interesse e la mia forte propensione alla comprensione della cultura Aborigena probabilmente hanno le loro radici nei racconti di mio padre, molti dei quali ebbero luogo proprio in cantiere.
Molti sono stati i flash-back aventi ad oggetto l'esperienza del lavoro con mio padre, soprattutto quando mesi fa ho aiutato Uncle Dootch e Dan a costruire la sand dome, il museo di sabbia e cemento.
Lavorare scalzo, fare l'intonaco con una betoniera senza motore, usare l'acqua del torrente e la sabbia della spiaggia mi portavano incessantemente con la mente ai racconti dell'infanzia di mio padre.
Cosi' lunedi', verso mezzogiorno, io e mio padre decidiamo di partire alla volta della Tent Embassy.
Arrivati in prossimita' dell'Ambasciata, mi dimostra immediatamente che il mio lungo accostare la sua cultura ai discorsi fatti da Uncle Dootch era fondato.
Ha subito riconosciuto piante e verdure locali, parenti di quelle selvatiche che nascono spontaneamente in Sicilia. Improvvisamente ne ha strappata una e se l'e' mangiata; ``e' commestibile, questa la mangiavo sempre da ragazzino``.
La macchia fatta di boscaglia si dirada, inizia il prato e a pochi metri da noi si apre la fantastica spiaggia di fronte alla quale si trova l'Ambasciata. Le bandiere aborigene sventolano fiere, mentre la loro fierezza contrasta con l'assoluta poverta' e sporcizia delle baracche che compongono l'Ambasciata (tutto infatti e' costituito da materiali riciclati, recuperati da discariche).
Troviamo sette persone attorno a un fuoco. Oggi non ci sono ne' Uncle Dootch ne' Patrick. In compenso ci sono i miei amici Mary e Dan.
Gli altri ospiti sono viaggiatori spinti dal desiderio di fare volontariato e il nipote di Uncle Dootch scampato per miracolo al ciclone in Queensland.
La situazione sarebbe tale da mettere qualsiasi genitore a disagio. Ma non mio padre. Non un giudizio, non una critica, non una risatina sulla sporcizia del posto o delle persone. Non una battuta sul look di Dan: capelli lunghissimi, barba con dreadlock, un bastoncino infilato orizzontalmente sotto al naso e abiti da figlio dei fiori.
Per prima cosa, ho deciso di portarlo a visitare il museo fatto di sacchi di sabbia e cemento. Vi abbiamo trascorso molto tempo, perche', come immaginavo mentre nei mesi scorsi vi lavoravo, le semplici e antiquate tecniche di realizzazione lo hanno assolutamente incuriosito.
Dopodiche' siamo tornati attorno al fuoco e abbiamo bevuto un ''buon'' caffe' scaldato sul fuoco offertoci dalla gentilissima Mary.
Un po' goffamente mio padre incomincia a parlare con Dan, Mary e Thomas (il nipote di Uncle Dootch), e ovviamente il mio intervento da interprete si e' reso necessario. Ho avuto la conferma del fatto che mio padre e' davvero una persona curiosissima, senza grossi pregiudizi ed aperta al prossimo. Ha capito l'essenza dell'esperienza, ha trasmesso rispetto ai ragazzi presenti alla Embassy, ha colto quello che doveva cogliere. Ha saputo creare un'affinita' spirituale con quelle persone senza condividerne la lingua che era assolutamente commovente.
Sicuramente l'accostamento piu' bello e' stato quello tra gli animali totemici aborigeni e la cultura folkloristica siciliana/italiana. Ha saputo cogliere immediatamente l'importanza del legame simbiotico con la natura e i suoi riflessi nella vita quotidiana e nella filosofia aborigena.
Ho capito che molto di quello che oggi mi rende una persona curiosa e rispettosa delle differenze culturali, proviene da mio padre, una persona non estremamente dotta, ma sicuramente dotata di una grande empatia e sete di sapere.
E' stata una giornata incredibile, di quelle da ricordare, di quelle che hanno fatto da ponte tra il mio passato ed il mio futuro.

Il tempo per gli Aborigeni non e' lineare e gli episodi sono interconnettibili.
Mi piace pensare che nello stesso tempo in cui ci trovavamo assieme nel piccolo museo aborigeno e spiegavo a mio padre come avevo lavorato alla sua realizzazione, scalzo, senza elettricita' e senza acqua corrente, in un altro tempo, qualcosa stava accadendo. Mi piace pensare che contemporaneamente ci trovavamo in cantiere in Italia e mentre io gli passavo i mattoni, lui mi raccontava della sua infanzia, di quando andava a scuola scalzo, o andava a prendere l'acqua al pozzo, del rapporto con la natura e delle tradizioni piu' antiche. In quel momento non capivo che i mattoni che gli passavo, erano i mattoni che avrebbero costruito le fondamenta della mia cultura e della mia personalita'.

Sincerely yours,

Saggioman